Gravelin – Georges Cera

Gravelin   Georges Cera

Nel giugno del 1890, lo zolfo partì per l’area di Dunkerque. Trascorse l’estate nel piccolo porto di Gravelines, che conduceva scambi attivi con i suoi vicini sulla costa belga.

Qui, Sulphur ha attinto ai temi di una piccola serie di opere petrolifere, che sono tra le più insolite nel suo lavoro. Questi porti, in cui Seru ha raggiunto il massimo rigore, assomigliano alla musica più pura; sono incredibilmente eloquenti nella loro nuda semplicità.

Fairway Gravelina, di fronte al quale lavora quasi sempre, gli dà elementi lineari che definiscono la struttura delle sue composizioni. Ancora più sorprendente delle tele stesse sono, senza dubbio, alcuni croquetones, con in essi presenti puramente sovratoni: la stilizzazione delle forme qui si trasforma in astrazione.

Lo zolfo si avvicinò nuovamente ai confini di proprietà sconosciute, alle quali non osò entrare, ma a cui l’artista attrasse inesorabilmente la logica della sua evoluzione.

Il fervore creativo Lo zolfo non si è indebolito. Nelle settimane trascorse a Gravelin, creò almeno quattro tele, sei crocchette e realizzò molti disegni preparatori.

Lavorando su questi lavori, è tornato al problema del frame, cercando di risolverlo finalmente. Fino ad ora, i bordi che ha dipinto sono stati eseguiti in tonalità pallida. Supponendo – e in seguito confessò a Verharnu – che la sala di Bayreuth sarà oscurata per focalizzare tutta l’attenzione su un palcoscenico illuminato, ora dipinge cordoli in colori più saturi. È possibile che Jules Christophe non fosse così lontano dalla verità, dopo averlo definito in Om d’Orjurdy e come colorista wagneriano.

Naturalmente, al suo ritorno a Parigi, Seurat riprenderà i suoi vecchi dipinti, al fine di fornire anche a loro questo bordo scuro.

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