Dipinto del pittore spagnolo El Greco “San Francesco in estasi”. La dimensione del dipinto è 147 x 105 cm, olio su tela. Francesco d’Assisi è un santo, il fondatore di un accattonaggio dell’ordine francescano che porta il suo nome.
San Francesco segna una svolta nella storia dell’ideale ascetico, e quindi una nuova era nella storia del monachesimo occidentale, della curia romana e delle prospettive umanitarie del mondo.
Il vecchio monachesimo, nella sua rinuncia al mondo, imponeva a un monaco separato un voto di povertà, ma ciò non impediva ai monasteri di diventare grandi proprietari terrieri e gli abati gareggiavano in ricchezza e lusso con vescovi e principi. San Francesco ha approfondito l’idea della povertà: da un segno negativo di rinuncia al mondo, l’ha elevata in un ideale positivo e vitale che è scaturito dall’idea di seguire l’esempio del povero Cristo.
Allo stesso tempo, Francesco d’Assisi ha trasformato lo scopo stesso del monachesimo, sostituendo il monaco eremita con un apostolo missionario, che, rinunciando al mondo internamente, rimane nel mondo per chiamare le persone alla pace e al pentimento tra loro. Nel 1224 Francesco andò sull’alta vetta del Monte Alverno, nell’alto Arno, dove trascorse del tempo, lontano dai Fratelli dell’Ordine, in digiuno e preghiera solitaria. Qui al mattino dell’Esaltazione della Santa Croce, Francesco ebbe una visione, dopo di che, secondo la leggenda, rimasero le stimmate sulle sue mani e sui suoi piedi, cioè immagini delle teste e delle estremità delle unghie del Cristo crocifisso.
Gli storici critici danno una spiegazione diversa delle notizie sullo stigma. Gaza, tenendo presente che per la prima volta venne a conoscenza delle stimmate dal messaggio distrettuale del successore di Francesco, Ilya, lo considera il creatore della leggenda. Gausrat crede che Francesco, volendo sperimentare appieno le passioni di Cristo, abbia inflitto a se stesso delle ferite, nascondendole dai suoi compagni durante la sua vita.
Sabatier, considerando le stimmate un fatto reale, cerca una spiegazione nelle misteriose manifestazioni dell’estasi e della “patologia mentale”. La narrazione della visione e delle stimmate di Francesco contribuì molto all’arte successiva di lui raffigurandolo in estasi e sofferenza sul suo volto.
Nonostante il fatto che Francesco abbia davvero considerato la sua missione di “piangere la sofferenza di Cristo in tutto il mondo” e nonostante la sua grave sofferenza negli ultimi due anni della sua vita, Francesco ha mantenuto fino in fondo la sua visione poetica del mondo. Il suo amore fraterno per ogni creatura è la base della sua poesia. Nutre le api con miele e vino in inverno, alleva vermi dalla strada in modo che non vengano schiacciati, riscatta l’agnello che viene portato al macello, libera la lepre che è caduta in una trappola, indirizza gli uccelli sul campo, chiede al “fratello fuoco” quando lo fanno cauterizzazione, non causargli troppo dolore.
Il mondo intero, con tutti gli esseri viventi e gli elementi in esso contenuti, ha trasformato Francis in una famiglia amorevole, originata da un solo padre e unita nell’amore per lui. Questa immagine era la fonte da cui derivava la sua poetica “lode” al Signore con tutte le sue creature, e soprattutto con il signor Fratello il sole, ecc.
Altre anime poetiche tra i fratelli, Tommaso di Celano, Jacopone di Todi, l’autore Stabat Mater e altri poeti francescani, hanno risposto con gioia alla chiamata di Francesco. È esagerato, ovviamente, considerare quindi Francesco d’Assisi, così come Tode, il creatore della poesia e dell’arte italiana e il colpevole del Rinascimento; ma bisogna ammettere che l’animazione e l’elevazione dello spirito, manifestata nelle cattedrali francescane e negli affreschi di Giotto, furono ispirati dall’umile e amorevole seguace del povero Cristo. Un lato del suo ideale – la successione di un Cristo mendicante e errante – Francesco si schierò con un ideale ascetico, medievale e incolto; ma la successione di Cristo, come la capiva Francesco, includeva l’amore per l’uomo. B
Grazie a ciò, l’ideale ascetico ha ricevuto uno scopo diverso, nuovo, culturale. “Il Signore non ci ha chiamato tanto per la nostra salvezza, quanto per la salvezza di molti”, era il motto di Francesco. Se la rinuncia al mondo, i beni terreni e la felicità personale entrano nel suo ideale, come nel precedente monastico, allora questa rinuncia non è accompagnata dal disprezzo per il mondo, non da un’alienazione schizzinosa da un uomo peccatore e caduto, ma dalla pietà per il mondo e dalla compassione per la povertà. e i bisogni dell’uomo. Non è il volo dell’asceta che diventa il volo dal mondo, ma il ritorno al mondo per servire la persona. Non la contemplazione del regno divino ideale nelle altezze celesti è la vocazione di un monaco, ma la predicazione della pace e dell’amore, per l’istituzione e la realizzazione del regno di Dio sulla terra.
Nella persona di Francesco d’Assisi, l’ideale ascetico del Medioevo assume un carattere umanitario e estende una mano all’umanesimo del nuovo tempo. Francesco d’Assisi morì il 4 ottobre 1226; due anni dopo fu canonizzato da papa Gregorio IX.