Uno degli ultimi dipinti dell’artista, scritto un anno prima della sua morte. In esso, come in molte altre opere, Bruegel riflette sui vizi umani e sulla fragilità della vita umana. Il dipinto raffigura un giovane nano malvagio che ruba una borsa da un vecchio cupo.
Il nano è inscritto in una sfera con una croce – è un’immagine simbolica di un mondo vizioso.
Un monaco eremita con il cappuccio abbassato sul viso occupa una posizione dominante. Le mani sono giunte in un gesto di preghiera, recitando deliberatamente il carattere pio di questo personaggio. Tuttavia, la pietà si rivela ipocrita: dietro di loro, una borsa ben imbottita di colore rosso a forma di cuore sporge da sotto le vesti monastiche.
Forse qui Bruegel si affida alla massima “Dov’è il portafoglio, c’è il cuore”, che risale al testo evangelico.
La frase in olandese, posta in fondo all’immagine, dice: “Dato che il mondo è così insidioso, vado in abiti da lutto”. Le lettere sono inscritte con una mano estranea e forse in un secondo momento, tuttavia, si ritiene che il significato di questa iscrizione coincida con ciò che l’artista voleva mostrare.
Non importa come il misantropo voglia allontanarsi dal mondo, non può farlo. L’astuzia del mondo simboleggia non solo un ladro nano, ma anche tre trappole d’aglio. che sono disposti sulla rotta dei misantropi. L’immagine duplex di un monaco suggerisce che il dipinto contiene una satira sul clero.
Il cupo misantropo contrasta con il pastore che protegge le pecore sullo sfondo e pieno di cura per le sue accuse. Secondo la tradizione risalente all’Antico Testamento, Cristo fu raffigurato allegoricamente come un pastore.
La forma rotonda dell’immagine è atipica per Bruegel. A giudicare dalle opere che ci sono venute in mente, l’ha usato solo due volte. Nel 1558, durante i lavori preparatori per il dipinto “Proverbi fiamminghi” e in questo lavoro dieci anni dopo.
Qui ritorna anche alla tecnica rimasta: non scrive con olio su legno, ma con tempera sulla tela.