Il dipinto “Pallade Atena e Centauro” o “Minerva e Centauro” è stato scritto per Giovanni Pierfrancesco de Medici e si trovava a Villa Castello insieme a “Primavera” e “La nascita di Venere”.
In precedenza nella foto vedeva un’allegoria politica dedicata all’intuizione e all’arte di Lorenzo il Magnifico in materia di diplomazia. Si credeva che Pallas personificasse la vittoria dei Medici sui cospiratori o il successo nel contrastare i piani aggressivi del re napoletano. La base di tale interpretazione erano gli emblemi medici con i quali era ricamata la veste della dea. Tuttavia, non ci sono altre prove per questa ipotesi.
Nella seconda metà del XV secolo non esisteva la tradizione di scrivere allegorie politiche di questo tipo. È più legittimo vedere la direzione morale dell’allegoria.
Al centro della sua idea c’è Ficino sulla dualità della natura umana, che unisce in sé il principio animale, connesso con la vita del corpo e la sfera dello spirito e dell’intelligenza, che si sforza verso l’alto per raggiungere la saggezza celeste. E solo la grazia divina ti permette di superare i tormenti dell’anima, languendo nelle catene del corpo.
Raffigurante un centauro, l’artista ha utilizzato un prototipo antico specifico: la figura del sarcofago, ora conservato nei Musei Vaticani. Allo stesso tempo, il quadro si distingue dagli antichi monumenti per il fatto che l’artista non descriveva la battaglia fisica tra Minerva e il centauro – la “centauromia”, ma la “psicomachia”.
Il centauro incarna in Botticelli un composto in un uomo di base e alto. L’arco e le frecce nelle sue mani indicano passioni di animali, ma l’artista ha dato al volto del centauro un’espressione di profonda sofferenza inerente ai santi nei suoi dipinti.
Invece di Atena, la Pallada del guerriero, che fin dall’antichità era abitualmente raffigurata con un elmo, un’armatura e uno scudo, con la testa di Gorgone di Medusa, Botticelli rappresentava “Minerva-pacifico”, i cui attributi – il ramo di lancia e prugna – simboleggiano la virtù. Nell’interpretazione di Pallade, anche Botticelli segue uno schema classico, ma in questa figura c’è una somiglianza con un santo cristiano.
Le sfumature neoplatoniche sono soddisfatte anche da un paesaggio fatto di rocce cupe e di distanze affascinanti.
Esistono numerose interpretazioni allegoriche di questo lavoro. Ha visto la vittoria di Lorenzo il Magnifico su Napoli, la vittoria dei Medici su Pazzi, la combinazione di passione e saggezza in Lorenzo. C’è un’interpretazione più ampia di essa come la vittoria della saggezza sulle passioni, che è stata discussa nel circolo mediceo. È stato proposto e compreso il quadro come una vittoria generale delle forze del mondo sulle forze della distruzione.
In questo caso, il suo contenuto è vicino al contenuto del dipinto “Venere e Marte”.