“Ritratto di Picasso”, opera di Salvador Dalì – da un lato, satira sarcastica, dall’altro – un omaggio al grande spagnolo, che Dalì ammirava, nonostante le loro molte divergenze.
Dalì incoronò Picasso con una corona, come se fosse scavato nella pietra grezza delle scogliere costiere di Cadaques. Ma il massiccio diadema si libra nell’aria, senza appesantire la testa del proprietario. Picasso qui è dotato di un seno femminile: nei dipinti di Dali, questo attributo, di regola, indica l’antipatia che l’artista ha per il personaggio.
Nella cavità tra il rilassamento, scorrendo lungo il seno si può vedere il fiore di stella alpina, che getta un’ombra chiara. I capelli di Picasso sono intrecciati in una treccia, che per la sua forma ricorda un serpente. Questo serpente penetra nella testa del personaggio, guardando fuori dalla sua bocca.
La testa della vipera termina con un cucchiaio stilizzato in cui giace un minuscolo mandolino. Dalì ha dato il “ritratto” del suo idolo e l’eterno rivale del busto scultoreo, sollevato su un piedistallo. Sulla base della scultura si trova un solitario fiore rosso.
Il mandolino e il fiore sono simboli dell’arte.
Picasso ebbe una grande influenza su Dalì e non poté fare a meno di riconoscere questa influenza e di non rendere omaggio allo spagnolo, nonostante l’incomprensione e la complessa relazione tra due grandi artisti del ventesimo secolo. Sorprendente e divertente, ma questa allegoria sarcastica ha una certa somiglianza con il suo prototipo.
Come un volto distorto da una smorfia con orbite vuote, lingua sporgente, corna di ariete, una brutta escrescenza invece di un naso può essere associato al volto di Picasso – un mistero con cui Dalì ha ripetutamente stupito e scioccato il pubblico. Ma la sua soluzione, senza dubbio, sta nella tecnica pittorica a filigrana del maestro.