Ritratto di Dyagilev con una tata – Leon Bakst

Ritratto di Dyagilev con una tata   Leon Bakst

“Ritratto di Sergei Pavlovich Dyagilev con una tata” è riconosciuto come l’apice del ritratto di Lev Bakst. Fu completato nel 1906, quando terminò il periodo di Pietroburgo dell’attività di Dygilev, così luminoso, intenso, pieno di alti e bassi.

Tra la ricca iconografia artistica di questo formidabile “dittatore d’arte”, non esiste un solo ritratto in cui lui, tutto intrecciato da contraddizioni estremamente nette, sarebbe così veramente compreso. Bakst è penetrato nell’essenza del suo personaggio, come se avesse raccolto tutte le sfaccettature della sua natura multidimensionale e creato l’immagine più complicata con trucchi grafici straordinariamente delicati, usando il metodo dei mezzi accenni e dei semi-accenti.

Nella stessa formulazione della magnifica figura di Dyagilev, in una “postura sicura, audace, deliberata e decisiva”, si unirono la pace e l’impetuosità. Dobuzhinsky scrisse: “in tutte le sue abitudini e modi di parlare c’era una specie di pigrizia nella caserma, e allo stesso tempo l’ho sempre visto di corsa da qualche parte”.

Avendo interpretato Sergei Pavlovich al limite della tela nella “mezzo giro” Bakst ci permette di goderci la contemplazione dell’elegante esterno del ritratto, e d’altra parte – apre lo spazio del piano distante e offre l’opportunità di considerare l’interno dell’appartamento di San Pietroburgo. Lì, nelle profondità dell’armadio illuminato, puoi vedere un cavalletto e dipinti sul muro, che provoca immediatamente una catena di associazioni: dietro le spalle di Dygilev – The World of Art, una mostra storica e artistica di ritratti russi nel Palazzo Tauride, e lui, come se stesse parlando in prima linea, si precipita verso il nuovo attività, aspettandolo trionfi teatrali stranieri.

Come attirato dal destino del tempo, fu rimosso il sipario blu scuro, quasi nero, sul quale il volto sensuale, a prima vista, arrogante del “dandy sociale”, “viscido altezzoso”, “incantatore e incantatore” sembrava particolarmente espressivo. Ma attraverso la maschera della monumentalità e della forza invincibile, si possono vedere tratti umani viventi: negli angoli di labbra ben definite non c’è un sorriso, non un gioco di nervi di tenerezza, e negli occhi c’è santa tristezza, gentilezza e, come ha notato Serge Lifar, inaspettato sentimentalismo.

La nota intima dell’immagine è rafforzata dalla presenza nel ritratto della devota vecchia tata Avdotya. Collega le due distanti sponde del rapido flusso della vita di Dagilev: un’infanzia felice a Perm e un futuro brillante a Parigi. Tra loro – 15 anni di vita a Pietroburgo.

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