In qualsiasi lingua ci sono aggettivi e nomi strettamente collegati tra loro, ad esempio un nemico giurato. Altri epiteti e la lingua non si trasforma in un nome o in un altro oggetto materiale.
Chiedi, per esempio, di descrivere un orologio in una parola: ti diranno che sono maschi e femmine, metallo ed elettronici, sabbia e pareti. Ma, molto probabilmente, non verrebbe mai in mente a nessuno di chiamare l’orologio dolce – fa male che un tale epiteto non si adatti e interrompe l’udito. Nel frattempo, nelle prime opere del grande catalano Salvador Dalì, il tema degli orologi morbidi e persino liquidi varia più di una volta.
La ragione di ciò era il Camembert, il formaggio a pasta molle preferito dall’artista, che preferiva per cena. Fu il formaggio a far pensare al maestro che la materia potesse essere morbida, fluida e flessibile. La prossima è una questione di tecnologia: prendi un pennello, stai dietro la tela e incarnare in modo creativo questa idea, che Dalì ha realizzato e realizzato.
Una delle sue opere si chiama “Soft Watch”. Ore, infatti, due. I più piccoli sono dipinti sul lato sinistro, pendono da un piano rettangolare.
Al centro: una copia più grande, leggermente deformata. In lontananza – lo stesso tasto morbido e lungo – ovviamente non dall’orologio. Lo sfondo è deserto. Possibile interpretazione? Come opzione, il tempo inesorabile, quando, secondo Anna Akhmatova, “i giunchi d’oro e i decadimenti d’acciaio, il marmo si sbriciola: tutto è pronto per la morte”.
Cosa possiamo dire dell’orologio – e si arrendono prima dell’assalto dell’eternità…