Essendo uno studente di Giovanni Bellini e dopo essere stato influenzato da Giorgione, Sebastiano del Piombo ha preso da loro la morbidezza delle forme e l’umore lirico, portandoli nei suoi dipinti. Ma mentre lavorava a Roma, fu anche influenzato dall’arte di Raffaello con la sua assoluta armonia e Michelangelo, che dotò i suoi personaggi di un potere senza precedenti.
Nella tela presentata, l’artista si è rivolto al mito di Adone, il giovane più bello, l’amato di Afrodite, ucciso da un cinghiale durante la caccia. Del Piombo ha interpretato il momento in cui Afrodite viene a sapere della morte di Adone, che Cupido le dice, e la maggior parte del lavoro è occupata da divinità sedute in un boschetto, e l’eroe morente è a distanza. Questa tecnica – per portare il momento culminante dell’intera scena a una certa distanza, per ritardarne la percezione da parte dello spettatore – acuisce l’umore ansioso diffuso nell’immagine e percorre i personaggi in un’onda.
Sullo sfondo, l’artista cattura una vista di Venezia dal Palazzo Ducale e dal campanile della Cattedrale di San Marco, che si riflette nelle calme acque della laguna. Un paesaggio serale con un cielo azzurro, un tramonto dorato, bianche nuvole gonfie nel cielo e ombre che attraversano la terra e l’acqua riempiono tutto ciò rappresentato dalla sottile tristezza che gli artisti veneziani adoravano trasmettere nei loro quadri.