“Mercato in Normandia”, a giudicare dallo stile pittorico e dal motivo paesaggistico, fu scritto da Rousseau nei primi anni del 1830, quando viaggiò nel nord della Francia. Già in quel momento, il giovane artista, con la sua convinzione, era definito come un pittore di un paesaggio semplice e ordinario, come un sostenitore di un’attenta opera della natura, e non di opere nella bottega di paesaggi “storici” razionalmente organizzati.
La natura modesta del villaggio francese era la sua preferita e l’unico argomento, il paesaggio urbano non era interessato a Rousseau. “Mercato in Normandia” – tale eccezione alla regola, che conferma solo la sua lealtà. In primo luogo, Rousseau qui non rappresenta una città borghese, rumorosa e pignola, ma un angolo di una vecchia città di provincia, quasi un villaggio dove scorre un’esistenza distaccata, che non cambia per decenni e persino secoli.
In secondo luogo, questo speciale, come se vivesse al di fuori del tempo, la città di Rousseau scrive esattamente allo stesso modo delle scogliere di Ober o dei boschi di Barbizon: l’artista vede in lui prima di tutto il lato materiale e lo trasmette con infinita attenzione amorosa. I suoi pennelli sono disponibili nelle tonalità più flessibili: può scrivere perfettamente ombre trasparenti chiare e transizioni di colori tenui e tenui.
Ma lo stile di Rousseau diventa particolarmente espressivo e forte quando raffigura oggetti che hanno una trama densa e tangibile. La vecchia pietra da cui vengono piegati i muri delle case, il legno oscurato delle travi e dei supporti, le piccole increspature degli strati di scandole sui pendii acuti dei tetti, il terreno pietroso e irregolare – tutto questo per l’artista esiste non come un banale luogo comune, ma come una carne vivente di un mondo inesauribile e diversificato. Non è meno significativo di quelle piccole figure umane che stanno ai tavoli del mercato o si muovono tra loro in un lento movimento lento.
Ma non importa quanto sia importante per Rousseau l’accuratezza di ogni dettaglio, non importa quanto sia nitida la sua osservazione realistica, affinato il lavoro instancabile sugli schizzi, il più importante per lui rimane la trasformazione del paesaggio in un’immagine poetica. L’artista ha dipinto il ritratto dell’Ermitage nella sua prima giovinezza – probabilmente aveva circa vent’anni – e questa freschezza giovanile e la mancanza di chiarezza della percezione conferivano al paesaggio un fascino morbido e un calore lirico. Il dipinto entrò nell’Ermitage nel 1922 dal Museo dell’Accademia di Belle Arti.