La Cappella Sistina fu costruita nel 1475-81, al tempo di Papa Sisto IV, e le sue pareti sono ancora decorate con affreschi di notevoli maestri dell’epoca. L’arco era originariamente raffigurato con un cielo coperto di stelle e nel 1508 papa Giulio II ordinò a Michelangelo di trentatré anni di dipingerlo.
L’artista ha fatto l’impossibile: in quattro anni ha scritto su un soffitto di 600 metri quadrati. m più di 300 figure negli angoli più difficili! Inoltre, la tecnica del cosiddetto “affresco pulito”, dipinto su intonaco bagnato, è molto complicata, perché richiede velocità e precisione da parte del maestro. Aggiungiamo che Michelangelo ha lavorato in una posizione molto scomoda, sdraiato su una piattaforma appositamente progettata, asciugandosi costantemente la vernice che gli gocciolava sul viso.
Dipinse la volta quasi da solo: agli apprendisti furono affidati solo piccoli dettagli delle cornici.
Per ogni figura, l’artista ha fatto molti schizzi e uno schizzo a grandezza naturale, ma era ancora impossibile valutare l’unità della composizione, purché il lavoro fosse coperto da impalcature. Più sorprendente è la perfezione dell’affresco Michelangelo – non solo uno scultore, un pittore, un architetto, ma anche un meraviglioso poeta – era un lettore sensibile della Bibbia, e la forma compositiva che trovò sorprendentemente rispecchia accuratamente la struttura a mosaico dell’Antico Testamento, sorto nel corso dei secoli, costituito da molti libri molto diversi da amico stilisticamente, si sommano, tuttavia, in un insieme monumentale.
Tutte le parti dell’affresco, che si tratti della scena della trama o di una figura separata, sono finite e autosufficienti, ma si fondono naturalmente nella composizione generale, con un solo ritmo, e gli elementi ripetitivi dell’inquadratura – figure di giovani nudi, medaglioni e dettagli architettonici – paragonano il motivo a un ornamento complesso, come se fosse tessuto da corpi umani. L’uomo non è solo il principale, ma l’unico soggetto delle opere scultoree e pittoriche di Michelangelo. A differenza di altri maestri del Rinascimento, per i quali un forte interesse per l’uomo non ha escluso l’attenzione su ciò che lo circonda: natura, architettura, mondo delle cose, Michelangelo conosceva solo un mezzo di espressione: la plastica del corpo umano.
Nei dipinti della Cappella Sistina, il paesaggio, gli interni, i vestiti, gli oggetti sono presenti minimamente, solo dove è impossibile farne a meno; sono generalizzati, non dettagliati e non distraggono dalla narrazione di azioni, personaggi, passioni umane. L’attenzione di un artista del genere sulla cosa principale non potrebbe essere più in linea con lo stile delle leggende bibliche, in cui le scene drammatiche sono riassunte in modo conciso, in poche frasi meschine-epiche e questa concentrazione di sentimenti impressiona molto più di un’altra storia fiorita.
Il linguaggio della plastica – il linguaggio della linea, della forma, del colore – suona in Michelangelo in modo potente, succinto e sublime come i versetti della Bibbia; Il pathos del Libro dei Libri si incarna in modo così naturale, convincente e libero, che qualsiasi altra interpretazione di trame familiari sembra impossibile. Il libro della Genesi corrisponde a nove composizioni che occupano l’intero campo centrale della volta. Per familiarizzare con loro nella sequenza in cui le trame sono esposte nella Bibbia, si deve andare all’altare e iniziare l’ispezione, spostandosi da essa verso l’ingresso.
Cinque scene sono dedicate alla creazione del mondo: “Separazione della luce dalle tenebre”, “Creazione di luminari e piante”, “Separazione del firmamento dall’acqua”, “Creazione di Adamo”, “Creazione di Eva”. Sembra che sia stato in queste composizioni che Michelangelo ha investito la cosa più personale – che, se non lui, lo scultore ossessionato, era vicino al pathos della creazione! Combatti con la materia inerte, crea nuovi meravigliosi corpi da una massa informe e inanimata, scolpiscili dall’argilla, scolpisci la pietra: questo lavoro ispirato attira soprattutto il maestro: non è senza ragione che paragona la scultura al sole e la pittura alla luna.
L’autore dei famosi affreschi ha sempre sentito prima di tutto uno scultore, spesso ripetendo: “La pittura non è il mio mestiere”. E Michelangelo Dio appare davanti a noi come il caos vittorioso dello Scultore dell’Universo. Il volto di Savaof è quasi distorto dai tormenti della creatività, quindi bello nella sua concentrazione. Il suo potente corpo muscoloso, le mani delle sue forti mani sensibili irradiano energia. Dio non ha bisogno di toccare le sue creazioni: obbediscono ai suoi gesti liberi e sicuri.
Nella Separazione della luce dall’oscurità, Sabaoth diffonde ai suoi lati nuvole di nebbia informe, ed è come se sentissimo il rumore di una grande costruzione della pace. Con forti colpi di mani, manda luminari al cielo, dà vita alle piante, pacifica l’elemento dell’acqua e con un movimento maestoso rimuove Eva femminile e sottomessa dalle costole di Adamo.
In Adam’s Creation, è vero, la composizione più raffinata dell’intero dipinto, dalla mano imperiosa di Savaof allo zoppo fermo, tremante del primo uomo, un flusso di forza vivificante emana quasi visibilmente; ed è improbabile che nell’arte mondiale si possa trovare una formula più accurata di “creatività e miracoli”, una metafora più capiente per l’unità di materiale e spirituale, terrena e celeste, di queste due aspiranti mani quasi commoventi. Poco prima della sua morte, Michelangelo distrusse tutti i suoi schizzi e schizzi: non voleva che i suoi discendenti “vedessero il suo sudore” e quando guardiamo la volta della Cappella Sistina, ci sembra che il più grande artista della terra abbia creato il suo Universo in non più di sei giorni.