Nu è una delle costanti costanti di Engra. Charles Baudelaire ha affermato che l’artista “segue le curve del corpo femminile con la passione di un ardente amante”. Teofil Got’e considerava Ingus Venus Anadiomen un risveglio del classicismo greco, definendolo “la Venere riscoperta scolpita dalle grandi Apelle”. “Fonte”, 1820-1856 presenta allo spettatore un altro archetipo di una figura classica, estremamente idealizzato e allo stesso tempo completamente sensuale.
Sui suoi nudi Ingres ha lavorato molto duramente, cercando di combinare l’emozionalità con il rigore e l’irreversibilità della forma. I disegni preparatori di Bolshaya Odaliske mostrano il lungo processo di ricerca dell’unica e unica postura dell’eroina, grazie alla quale l’immagine si trasforma in un vero capolavoro. E se nei primi studi l’artista era chiaramente affezionato a una certa “erotizzazione” del quadro futuro, allora gradualmente il gioco emotivo ha lasciato il posto a un’opera “formale” approfondita.
C’è stata una trasformazione del corpo femminile in un’idea di forma plastica, che, tuttavia, non ha ridotto la vivacità e il fascino erotico dell’immagine creata. Tale idealizzazione è generalmente una caratteristica di Ingres nuda. Un simile approccio non è sempre stato accolto dalla critica artistica. Ad esempio, l’arguzia chiamava il collo dell’eroina “Roger e Angelica” il “terzo seno”.
Parole simili sono state dette sull’immagine “L’incantata Angelica”. Il collo della dea del dipinto “Giove e Teti” è stato confrontato con il gozzo, mentre il Grande Odalisque ha trovato un’ulteriore vertebra cervicale. Allo stesso tempo, non videro la continuità dell’audacia di Engra, proveniente dagli esperimenti di distorsione della forma, che i manieristi italiani e francesi “annotarono” nella storia della pittura.