Il diluvio, affresco di Michelangelo Buonarroti, un frammento del murale della Cappella Sistina. Nel soffitto sistino Michelangelo arrivò alla piena maturità della sua abilità. Nella composizione complessiva del soffitto, ha risolto il compito più difficile, trovando una tale segmentazione architettonica, che, nonostante l’abbondanza di figure, ha permesso di ottenere non solo una sequenza logica di immagini e una chiara visibilità di ciascuna delle innumerevoli figure separatamente, ma anche l’impressione dell’unità decorativa del dipinto gigante.
In conformità con i principi della pittura monumentale del Rinascimento, il dipinto non solo non distrugge l’architettura della volta e delle pareti, ma, al contrario, la arricchisce, rivelando la sua struttura tettonica, migliorando la sua palpabilità plastica. Nella pittura di figure, il principio plastico domina in modo indiviso – a questo proposito, gli affreschi del soffitto servono come espressione grafica delle parole di Michelangelo: “Il miglior dipinto sarà quello più vicino al rilievo”.
Il linguaggio pittorico di Michelangelo durante diversi anni di lavoro nella cappella subì alcune evoluzioni: le figure successive furono di dimensioni maggiori, la loro espressività patetica aumentò, il loro movimento divenne più complicato, ma la maggiore plasticità caratteristica di Michelangelo, la chiarezza inseguita di linee e volumi rimasero al loro interno. E sebbene Michelangelo abbia fornito un esempio dell’uso abile del colore nel murale, in generale, le immagini del soffitto Sistino sembrano più probabilmente scolpite dalla mano potente dello scultore che dal pennello del pittore.