“L’altare di Sant’Antonio” è dedicato al santo eremita che visse nei secoli III-IV. in Egitto. Anthony era venerato come difensore del fuoco e guaritore di malattie. La vita del santo ci dice che all’inizio del suo ascetismo Anthony fu ripetutamente tentato dai demoni.
Qui, Hieronymus Bosch ha mostrato tutta l’inquietudine e l’instancabilità della sua fantasia nell’invenzione di orrori e assurdità.
La realtà sembra essere un incubo completo, si perde la distinzione tra vivente e inanimato: il corpo della strega si trasforma in un tronco di un albero marcio; le zampe di cavallo crescono da una brocca di argilla; l’oca spennata beve avidamente, facendo cadere il collo senza testa nell’acqua; la collina risulta essere un gigante, in piedi a quattro zampe, e un uccello o un pesce – una macchina volante o una barca.
Al centro della composizione è in ginocchio Antonio con una mano sollevata in segno di benedizione. Anthony non conosce paura, la sua fede è ferma e forte. Sa che questi mostri, privi di forza interiore, non saranno in grado di sconfiggerlo.
La faccia calma e severa di Anthony si rivolge allo spettatore. In un certo senso gli dice: “Non aver paura”. Bosch, come nessun altro, è stato in grado di esprimere l’invalidità del male mondiale: dall’alto è una colorazione brillante e fantastica, ma non c’è nulla sotto.
Direttamente di fronte alle torri eremite una torre fatiscente, nella profondità della quale, ai piedi della croce, si può vedere la figura di Cristo. È quasi impercettibile, ma è il centro semantico del trittico: sono stati guardati a Cristo con speranza e fede da tutti coloro che hanno pregato davanti a questo altare. Tra i fantasmi e gli incubi, all’inferno il Salvatore non lascia credenti in Lui. Informa Anthony della calma convinzione nella costanza del bene, il santo la trasmette allo spettatore.