Il dipinto di Van Dyck “St. Martin and the Beggars” è ancora sospeso sull’altare maggiore della chiesa di Zaventem, per il quale è stato ordinato dal proprietario del castello locale.
Secondo una lunga tradizione, questa tela, così come la “Sacra Famiglia” scritta per la stessa chiesa, fu creata nei pochi mesi del 1621 che Van Dyck trascorse nelle Fiandre tra il ritorno dall’Inghilterra e la partenza per l’Italia. Vi è anche un’evidente influenza evidente di Rubens, e non solo nello schema generale, ma anche nelle singole figure, ad esempio nei mendicanti muscolari. La composizione ha molto più successo che in “Portare la croce”: Van Dyck non ha ceduto alla tentazione di sovraccaricare il dipinto di figure.
La linea formata da sv. Martin e il suo cavallo.
La posizione del cavallo e la posizione del cavaliere sono state prese in prestito da Van Dyck da una delle figure della xilografia di Domenico delle Greque, secondo “Crossing the Black Sea” di Tiziano. Van Dyke ha potuto ben vedere l’impressione di questa incisione nella collezione di Rubens. Il disegno di questa sezione di una grande incisione a più fogli ha fatto nel suo album italiano, dal quale è più probabile che l’album sia stato ripreso ad Anversa prima di partire per il Sud.
L’artista ha scritto e la seconda versione di “St. Martin”. La ripetizione ripetuta delle opere più importanti è una caratteristica dell’opera di Van Dyck durante questi anni e la conferma eloquente dell’enorme richiesta delle sue tele.
Alcuni soggetti, come se fosse ossessionato da loro, tornavano spesso.