Dipinto del pittore italiano Sebastian Ricci “Sacrifice Polissy”. La dimensione del dipinto è di 77 x 66 cm, olio su tela. Nelle religioni pagane, l’idea del sacrificio era soggetta a una grave distorsione. Nei rituali pagani, la sensualità domina sempre l’idea e, in alcuni culti, il sacrificio ha un carattere francamente assetato di sangue, trasformandosi in pieno cannibalismo.
Così, nel culto semitico occidentale di Baal e Astarte, queste divinità furono sacrificate in onore delle ragazze e i loro templi avevano stati speciali di “sacre prostitute e fornicatori”.
Assetati di sangue trovarono la loro massima espressione nei sacrifici umani, che erano l’usanza di molti popoli dell’antichità, non escludendo quelli classici. Sebbene nel tempo siano stati cancellati, ma la loro esistenza è chiaramente attestata da monumenti; per esempio, sui monumenti assiro-babilonesi si può spesso vedere l’immagine delle offerte delle persone durante i sacrifici, nell’intero contesto di un rituale religioso. Molto spesso, i genitori hanno sacrificato i loro figli, signori – schiavi, vincitori – perdenti.
Tali sacrifici immorali e cannibali sono completamente estranei alla religione dell’Antico Testamento.
La critica più recente, tuttavia, è pronta a vedere le loro tracce nella Bibbia, a sostegno del quale si riferisce in particolare al fatto che Abramo ha sacrificato suo figlio Isacco e alla storia della figlia di Iefte. Tuttavia, vedere nel sacrificio di Isacco l’evidenza dell’esistenza di sacrifici umani tra gli ebrei significa anche perdere di vista il significato di questo fatto, come le prove della fermezza della fede di Abramo. Più credibile, a quanto pare, è la storia di Iefte, che sacrificò sua figlia.