Francisco Bayeux era il cognato di Goji. Fu anche un artista dal quale il giovane Goya iniziò a studiare e che per tutta la vita lo persuase a scrivere secondo i canoni classici della pittura, che egli stesso seguì. Bayeu non capiva l’ostinato Goya, perché voleva sempre dipingere come si immaginava. Su questa base, si verificò un costante attrito tra loro, spesso con la moglie di Joseph, Goya, che sosteneva suo fratello. E così la malattia incatenò Bayeu al suo letto di morte.
Parenti e amici hanno deciso cosa fare con i dipinti incompiuti dell’artista. Tra questi dipinti c’era un autoritratto Bayeu. E poi Goya si offrì di aggiungerlo.
Goya ha lavorato con un senso di responsabilità e ha apportato poche modifiche a ciò che era già stato fatto. Solo le sopracciglia divennero un po ‘più imbronciate, un po’ più profonde e più stanche posavano le pieghe dal naso alla bocca, il mento usciva un po ‘più ostinatamente, gli angoli della bocca cadevano un po’ più schizzinosamente. Ha messo nel suo lavoro, odio e amore, ma non hanno oscurato l’occhio freddo, audace, incorruttibile dell’artista.
Alla fine, si rivelò il ritratto di un signore inospitale, doloroso, anziano che aveva combattuto per tutta la vita, stanco, infine, per la sua posizione elevata e il lavoro eterno, ma troppo coscienzioso per lasciarsi riposare.
Eppure, da una barella, appariva un uomo rappresentativo che esigeva dalla vita più di quanto avesse bisogno e da se stesso più di quanto potesse dare. Ma l’intera immagine è stata riempita con uno splendore argenteo e gioioso, dato dal tremolante tono grigio chiaro recentemente trovato da Goya. E la leggerezza argentea riversata in tutto il quadro sottolinea imperiosamente la rigidità del viso e la sobrietà pedante della mano che tiene la mano.
L’uomo raffigurato nel ritratto non era attraente, ma più attraente era il ritratto stesso.