Eugene Delacroix – il più brillante rappresentante dei romantici francesi – nel 1832 fece un viaggio in Algeria e Marocco, il che gli fece un’impressione indelebile. Centinaia di schizzi, disegni e acquerelli realizzati durante questo viaggio sono stati l’ispirazione dell’artista. La maggior parte delle sue opere sono ispirate ai ricordi dei mesi trascorsi in Nord Africa.
Nelle sue tele algerine e marocchine, Delacroix non cercava un’accuratezza pedante dell’etnografia, non una piccola probabilità di tipi, vestiti, costumi, paesaggi: la vera verità artistica per lui era l’atmosfera di amore per la libertà, la luminosità e la pienezza della vita che lo colpiva in Africa dopo la noiosa prosperità della Francia borghese. Al fine di trasmettere la bellezza della vita di persone coraggiose e orgogliose tra la dura natura libera, l’artista non ha cercato di intrattenere la narrativa: poteva riempire l’episodio più semplice con un alto valore di pensiero.
Questo è ciò che “Marocchino sellando un cavallo”. Le consonanze energetiche di colori contrastanti, i ritmi complessi delle linee tortuose, l’intensità del movimento e della plastica, l’integrità della silhouette, la semplice semplicità dello sfondo del paesaggio creano un’atmosfera di dinamica volitiva e romanticamente elevata. Questo potere di sentire, la pittura libera e impetuosa si unirà con una chiarezza equilibrata della costruzione.
Può sembrare strano che Delacroix, con il suo indomabile temperamento pittorico, amasse particolarmente quelle delle sue opere, in cui riuscì a portare più pace interiore e forma logica completa.
Probabilmente, questa era la ragione del suo amore per il motivo compositivo “marocchino”, che ha ripetuto e sviluppato per molti anni. Già in gioventù, negli anni 1820, Delacroix trovò nella sua acquatinta “Il turco, sellando un cavallo” il prototipo esatto di questa composizione. Successivamente, vi ritornò più di una volta: nei cataloghi del XIX e dell’inizio del XX secolo ci sono riferimenti ai dipinti e ai disegni di Delacroix, che ripetono la composizione della giovane acquatinta, e quindi la tela dell’Ermitage.
Tali immagini sono apparse nelle collezioni di E. Arago, F. Chumakov, all’asta postuma dell’officina di Delacroix e di altre vendite.
Variazioni permanenti dello stesso motivo sono un fenomeno insolito nell’opera di Delacroix, un artista impulsivo e appassionato con un’enorme fantasia compositiva. L’immagine di Hermitage – l’unico anello noto in questa lunga catena – conduce a quegli aspetti oscuri del laboratorio creativo dell’artista, che fino ad ora rimangono quasi inesplorati.
La foto entrò nell’Ermitage dal Museo dell’Accademia di Belle Arti nel 1922.