L’ultima Madonna fiorentina di Raffaello – “Madonna Esterhazy”. L’immagine non è finita, ma rimane uno degli esempi eccellenti dell’arte di Raffaello: la sua padronanza della composizione, del rapporto di massa, della plasticità e del ritmo dei movimenti, una straordinaria combinazione di silenziosa grazia poetica e dramma nascosto. P. Oppe è persino propenso a mettere questa immagine sopra le tre famose grandi Madonne fiorentine in natura.
Ma allo stesso tempo, non vede in lei un dramma tranquillo, nient’altro che “la tenerezza calma e calma della madre” e la “seria giocosità dei bambini”.
Ma dov’è la calma tenerezza della madre, quando non c’è nemmeno l’ombra di un sorriso sul volto di Maria, è espressamente triste? E perché nell’atmosfera di dolce tenerezza la giocosità dei bambini potrebbe diventare seria? E perché l’artista nell’atmosfera di dolce calma, ha introdotto questo inaspettato elemento di serietà?
Allo stesso modo, A. Venturi, considerando la stessa immagine, scrive solo di “accordo musicale tra paesaggio e figure piene di fascino e intimità tenera”. E non una parola sulle espressioni facciali, sul significato dei movimenti di queste figure!
A sinistra, in basso, il piccolo Giovanni Battista sta giocando con una specie di nastro. Il bambino Cristo, seduto sul cappotto di sua madre, a destra, su un’alta pietra, cerca costantemente un nastro, indicandola con un dito. Chiede chiaramente a sua madre di lasciarlo andare dal ragazzo con un giocattolo seducente. La mano destra di Maria mantiene risolutamente suo figlio dal passo fatale.
Come spesso accade in altri dipinti di Raffaello, questo movimento può essere compreso in un altro modo – come una preparazione per prendere in braccio il bambino e portarlo a John. Ma una simile interpretazione è fortemente ostacolata dall’espressione profondamente triste del volto della madre.
L’asse della costruzione della sua figura, che corre verticalmente dalla cima della testa, termina nella parte inferiore con un ginocchio che è saldamente premuto nel terreno: la sua posizione è ferma.
La figura di Maria divide l’intera immagine in due metà, ma non è la stessa: il paesaggio su entrambi i lati è molto diverso. E qui Rafael ha applicato la sua tecnica sulla destra, dove si trova la figura del bambino Gesù, prevalgono linee morbide e carezzevoli di dolci colline, lungo le quali sono sparsi qua e là attraenti cespugli di macchia. A sinistra, sul lato di Giovanni Battista, immediatamente dietro la sua testa, si sono ammassate rocce appuntite e, oltre, sulla superficie del bacino, circondato dal verde, sono visibili pareti di mattoni di marmo e torri e guglie che si ergono minacciose.
Con tutta la sua posizione intermedia, nella figura di Maria non c’è stagnazione o schematismo, è piena di movimento non meno delle figure dei bambini.
Ma, stranamente, anche se l’intera figura, il movimento, la visione di Maria esprime indubbia resistenza all’inizio negativo che viene da Giovanni Battista e minaccia suo figlio con un terribile destino, sebbene lei si fermi saldamente e fermamente tenendo il bambino, piegando il suo corpo le sue braccia e le sue gambe danno l’impressione che si precipiti, quasi volando in un sinistro angolo sinistro. Sembra che il mantello della madre, su cui siede il bambino, sia pronto a scivolare via da una pietra alta e liscia. E lo sguardo di Maria, in cui profonda tristezza e, forse, una nota di disperazione, come se già prefigura l’inevitabilità della sua sconfitta, la sconfitta di un inizio umano luminoso, che rifiuta la sofferenza e il sacrificio.
In effetti, è difficile dire se sta davvero trattenendo saldamente suo figlio sul disastroso passo, o è già pronta, contro la sua volontà, a sollevarlo e darlo alla tentatrice. Sembra, come attirato da una sorta di magnete, tutto inizia a collassare lungo una diagonale inclinata lo stesso nell’angolo in basso a sinistra.
Ovviamente, la profonda parentela ideologica di Madonna Esterhazy di Raffaello con una delle creazioni più intellettualmente ricche e libere di Leonardo è con Sant’Anna.
L’ultima Madonna fiorentina di Raffaello, testimonia che non smette di preoccuparsi dei più profondi problemi sociali ed etici dell’ideologia umanistica, e rimase fermamente nelle stesse posizioni di rifiuto della sofferenza e del sacrificio come ideali dell’esistenza umana. Va notato solo che in Madonna Esterhazy c’è già una nota di dubbio sulla realizzabilità dell’ideale e sulla possibilità.
Raffaello lasciò il quadro incompiuto, come altre creazioni, e si affrettò alla chiamata di papa Giulio II a Roma.
Questo dipinto di Raffaello fu presentato da papa Clemente XI alla moglie dell’imperatore Carlo III. Più tardi, forse come dono dell’imperatrice Maria Teresa, passò in possesso del principe Kaunitz e da lui, nel XVIII secolo, alla collezione del principe Esterházy – da cui il suo nome. L’immagine è stata copiata ripetutamente.