Dipinto dell’artista fiammingo Bartolomeo Spranger “Glauco e Scilla”. Le dimensioni dell’immagine sono 110 x 81 cm, rame, olio. Glauco, nella mitologia, è la divinità marina tra i Greci, in possesso del dono della divinazione e in grado di accettare diverse specie.
Nel mito degli Argonauti, Glauco è il costruttore e il timoniere dell’Argo, che divenne un dio del mare dopo la battaglia degli Argonauti con i Tirreni.
Glauco era considerato il figlio dell’Oceano ed era il patrono dei pescatori e dei sub. Era raffigurato come un mezzo uomo, mezzo pesce, con la faccia di un vecchio e una grande barba. Nei più antichi miti greci, Scilla sembrava un mostro terribile e potente: aveva dodici gambe, sei colli lunghi e flessibili che si sollevavano sulle sue spalle arruffate e si attaccavano alla sua testa su ogni collo; in bocca scintillava frequente, acuto, disposto in tre file di denti.
Nelle fonti mitiche, Scilla è considerata la figlia di Forkis ed Ecate o Tritone e Lamia, o Tifone ed Ehidna, o Poseidone e Kratiida. All’indomani delle leggende, a volte Scilla viene presentata come una bella ragazza: per esempio, Glauco cercava il suo amore e la maga Circe, che era stata catturata dal comandante in capo, sfigurò il suo bellissimo corpo dalla gelosia, trasformando la sua parte inferiore in una serie di teste di cane.
Secondo un’altra leggenda, questa trasformazione fu completamente anfitrite, che, avendo notato che Poseidone era stato sedotto dalla bellezza di Scilla, decise di sbarazzarsi del suo pericoloso rivale in questo modo. Per il rapimento dei tori di gerione vicino a Ercole, Scilla è stata uccisa per ultima, ma è stata riportata in vita da Forkis. In Virgilio sono menzionate diverse Scilla, che, tra gli altri mostri, popolano la soglia del Tartaro.
Nelle opere d’arte Scilla era raffigurata come un mostro con la testa di un cane e due code di delfino o con due teste di mostri e una coda di delfino, nonché una bella ragazza nuda.