L’artista francese Jerome Jean-Leon non è tra le celebrità mondiali nel campo della pittura. Il suo lavoro è noto solo agli intenditori della storia dell’arte. Uno dei dipinti del maestro, ormai saldamente dimenticato, è dedicato a una delle figure di culto dell’antichità greca – Diogen Sinop.
Il suo nome è associato all’emergere della filosofia del cinismo. “Kinos” in greco – cane, cane. I cinici hanno chiesto una semplificazione, per imitare la natura. Il vagabondo predicato, con la barba lunga, non ha appreso in modo specifico.
Ci sono molte storie semi-aneddotiche su Diogene. Secondo uno, stava cercando fuoco durante il giorno e non riusciva a trovare la persona. Secondo un altro, chiese ad Alessandro Magno stesso di farsi da parte e di non oscurare il sole. Diogene conduceva una vita semplice e solitaria in un barile.
Si definiva un cosmopolita, un cittadino del mondo.
Come si adatta l’immagine alle storie raccontate? In molti modi Barrel Diogenes circonda un branco di cani. È noto che egli stesso i Greci eressero un monumento a forma di cane. Nelle mani di Diogene, su cui solo una veste leggera, la stessa lanterna, che non lo aiutava a trovare un uomo decente tra l’ostia di altri.
La libertà dell’autore, forse, è solo che la canna di Diogene non è chiaramente da qualche parte nel grembo della natura e non in riva al mare, ma alla fine di uno dei templi ateniesi.