Michelangelo da Caravaggio all’età di 22 anni, inconsapevolmente, divenne il fondatore di un genere innovativo nella pittura – la natura morta. L’artista ha raffigurato un cesto pieno di frutti terreni: qui ci sono cespugli di uva matura e molti fichi, ci sono mele e pere.
I frutti vengono strappati insieme alle foglie e non sono affatto abbelliti, tracce di appassimento e decadimento sono già evidenti, alcune foglie ingialliscono, si seccano e si voltano… tutto è naturale, come in natura. L’immagine è naturalistica all’illusività: il bordo del cestino e il frutto pendono dal tavolo e, per così dire, “cadono” sullo spettatore – diventiamo complici dell’immagine. L’enfasi sullo sfondo senza vita con una completa mancanza di dettagli e che occupa la maggior parte dello spazio, completa l’idea concepita dall’autore.
In questo lavoro di Caravaggio, tutto è come nella vita – tutto scorre e tutto cambia; inevitabilmente la corruzione e la morte vengono a sostituire la lussureggiante freschezza. Il maestro non si ferma solo sull’immagine più accurata della natura, qui per la prima volta c’è un gioco di tensione evidente di luce e ombra: la luce brillante da sinistra in alto si trasforma gradualmente in un’ombra in basso a destra – Caravaggio, così riconoscibile in seguito!
Il Maestro ha mostrato la stessa attenzione alla natura morta nelle sue opere più di una volta: “Il ragazzo morso da una lucertola” nel 1595, “Bacco” nel 1595, “Cena in Emmaus” nel 1601. Caravaggio nelle sue opere non è solo un contemplatore della natura, è il creatore del linguaggio pittorico più brillante, il suo lavoro raffigura la lotta della vita e della morte, cercando la verità e la giustizia.