L’autoritratto è stato scritto dall’artista olandese Rembrandt van Rijn all’età di 59 anni. Le dimensioni dell’immagine sono 91 x 77 cm, olio su tela. Il nome completo del dipinto “Autoritratto di Rembrandt van Rijn come l’apostolo Paolo”.
L’immagine di se stesso di Rembrandt, spesso ripetuta e trasformata, andando sempre in profondità, è, come si diceva una volta, un’intera autobiografia in forma visiva, “l’unica per tutta l’umanità”.
L’unica volta nella storia in queste immagini è incarnata la formazione della personalità, la crescita dell’individualità. Davanti a noi c’è un documento umano che non ha eguali. Ma una tale senza precedenti non dovrebbe oscurare la visione concreta, speciale, poiché questa è la cosa più importante: si tratta dell’autobiografia dell’artista di una certa epoca storica e di un determinato paese. Stiamo parlando dell’immagine di se stesso in una particolare posizione sociale.
Gli autoritratti tardivi degli anni ’60 non lasciano il minimo dubbio che nessuno di loro dia una chiara idea di Rembrandt, solo il loro insieme contrasta con schizzi di personalità, di una persona con le sue contraddizioni.
Tutti gli autoritratti esprimono a modo loro l’atteggiamento reale nei confronti del tempo e della vita, i loro contrasti e contraddizioni riflettono le contraddizioni precedentemente note dell’esistenza umana, e solo in seguito gli autoritratti con una forza sempre crescente compaiono l’antagonismo realizzato tra l’essere sociale e le aspirazioni individuali di un artista solitario. Alzarsi come mezzo di autodifesa e, al contempo, come unico mezzo possibile per proteggere l’arte e gli artisti in generale.
Proclamano l’affermazione di Rembrandt verso una società in cui le dichiarazioni dell’artista sul futuro, le sue idee sull’umanità “con un cuore puro”, non hanno basi. Questo spiega la monumentale trasformazione dell ‘”io” dell’artista fino alla tragica grandezza, che cerca una misura di valutazione solo in sé e giustifica l’ “egoismo inconscio, ma mostruoso” di un genio in forma artistica.
Ad esempio, nell’autoritratto di Colonia, Rembrandt ci appare coscientemente accanto al busto dell’antico termine romano bot, sovrano dei confini e del tempo. Davanti a questa allegoria della morte, che nessuno può evitare, l’artista respinge il tempo, il mondo e il proprio destino – con un sorriso incomprensibile e segreto, con evidente beffa, con trionfante serenità e ironia, illuminata dal “bagliore dorato della luce del pomeriggio che svanisce”. “La scultura di Termbrandt contrasta la sua perfezione pittorica matura nel dominare la pittura e la luce, il simbolo della morte è una pennellata che vortica di vita e del suo calmo sorriso filosofico.
Questo autoritratto tardivo di Rembrandt proclama nel modo più intimo il vecchio motto del termine: “Non mi ritiro di fronte a nessuno”. La pittura tardiva di Rembrandt porta il soggetto della sua immagine a una scala di espressione di sé tale che la concezione della dialettica umana in essa contenuta ci fa infine dimenticare la motivazione stessa di dipinti, ritratti e autoritratti del grande pittore.