Una delle indubbie vette della creatività era il dipinto “Perseo e Andromeda”. Rubens si rivolse al suo amato mondo dell’antichità. La trama della foto è presa in prestito dalla poesia di Ovidio Metamorfosi.
L’eroe greco glorificato Perseo, figlio del fragoroso Zeus e la principessa Argass Danae, “il vincitore del serpente Gorgone”, i cui occhi trasformarono tutti gli esseri viventi in pietra, una volta sorvolò il mare. Improvvisamente, vide una roccia con la figlia dell’Etiopia Kefei, la bella Andromeda incatenata ad essa. Fu punita per “madrelingua”: sua madre, la regina Cassiopea, lodò che Andromeda era più bella di tutte le ninfe del mare, le figlie del signore dei mari di Poseidone.
E nell’espiazione di queste parole audaci, Andromeda fu sacrificato al mostro marino, che Poseidone aveva inviato al “Café Dale”. Perseo fu affascinato dalla meravigliosa bellezza della ragazza. In una feroce battaglia, uccise il mostro e liberò Andromeda. La ricompensa di Perseo fu l’amore di una bellissima principessa, e genitori riconoscenti le diedero felicemente in matrimonio con un eroe.
Ma le vicissitudini della trama erano di scarso interesse per Rubens.
L’artista, tuttavia, raffigurava oggetti magici che aiutavano Perseo a sconfiggere la Gorgone Medusa e uccidere il mostro marino: sandali alati sulle gambe di Perseo, prestatigli dall’araldo degli dei olimpici Hermes, la spada a forma di falce sulla cintura dell’eroe, lo scudo a specchio con la testa, che era tagliato dalla sua testa, e la sua forma a forma di falce sulla testa dell’eroe; e l’elmo magico del signore del regno dei morti, Ade, nelle mani di Cupido.
Tutti questi dettagli, così come l’inclusione nella composizione del cavallo alato Pegasus emersa dal sangue della Gorgone, su cui Perseo volò nel regno di Kef, e il corpo del mostro marino furono necessari al pittore per introdurre lo spettatore nell’atmosfera di un racconto antico. Lei stessa per Rubens era solo una ragione per cantare il sentimento umano terreno e creare un inno affascinante per la vita, la giovinezza, la bellezza.
Nel rapido volo della dea della Gloria, che incorona Perseo con una corona d’alloro, nella solenne passeggiata dell’eroe, le pieghe di un mantello che volano dietro di lui, in tutti gli elementi del quadro, il suo ritmo elevato e la sua esultante struttura coloristica trova un’espressione di gioia e gioia nel tema di un’apoteosi vittoriosa vicino a Rubens.
Ma non questo argomento, che riecheggia le linee di Ovidio, descrivendo come dopo la battaglia “applausi e clic riempirono la costa e il cielo degli dei nel cielo…”, il pathos del dipinto stesso non è l’eroica azione di Perseo. Il suo umore nasce dalla giustapposizione, dal contrasto dei sentimenti di Perseo – tempestoso, potente – e dalla gioia silenziosa e vibrante di Andromeda; dalla fusione dei due è iniziata la lotta reciproca: forte, coraggiosa e morbida, gentile, femminile. Certo, con antiche fonti Rubens è disegnato abbastanza liberamente e la principessa etiope è dotata di caratteristiche di una bellezza fiamminga rubiconda, gonfia, bionda e dalla pelle bianca.
Tutto come se fosse tessuto dalla luce e dall’aria, è l’aspetto di Perseo, come Afrodite, che emerge dalla schiuma del mare.