Poussin ha dipinto due quadri su questa trama. Davanti a noi è il secondo, e il precedente, datato 1628-30, è conservato nel Regno Unito. Raffigura un angolo di Arcadia, una zona montuosa in Grecia.
Nella tradizione letteraria, Arcadia è sinonimo di un paese idilliaco dove le persone vivono secondo le antiche e sagge leggi in completa armonia con la natura. In breve, radunano i loro greggi e coltivano i loro giardini. I pastori nel dipinto di Poussin si trovano vicino alla tomba con la scritta “Et in Arcadia ego”.
Questa iscrizione è tradotta in diversi modi. Ma per l’orecchio russo, la traduzione è familiare: “Ed ero in Arcadia”.
Il significato dell’iscrizione è il seguente: giaceva sotto questa lapide anche una volta vissuta nella felice Arcadia, ma anche lì la morte lo trovò e lo condusse ai cupi archi del suo mondo sotterraneo. Pertanto, ci incontriamo di nuovo con uno dei temi eterni della cultura: il tema della fragilità dell’esistenza terrena e dell’inevitabilità della morte. I pastori guardano riverentemente con curiosità. Uno di questi sembra indicarlo allo spettatore.
I “pastori arcadici” appartengono alle opere più famose di Poussin, ma, ahimè, ancora una volta, non sappiamo nulla della storia della sua creazione.
La prima menzione si riferisce solo al 1685, quando il dipinto fu acquisito dal re Luigi XIV. Forse il lettore sarà curioso di sapere che la composizione dei “Pastori” è stata riprodotta sulla nuova lapide di Poussin, eretta nel 1832 sulla sua tomba nella chiesa romana di San Lorenzo.