Come in molte altre scene multi-figurate del ciclo di affreschi della cappella dell’Arena, l’azione qui è resa oltre i confini dell’interno del tempio sulla piazza di fronte all’edificio.
Ciò ha permesso di introdurre nella composizione un’intera serie di episodi aggiuntivi, nell’interpretazione di cui Giotto rivela il suo insolito dono per il narratore, che sa come diversificare l’evento principale della trama mostrando i motivi che lo accompagnano.
Possiamo avere un’idea molto chiara della scena e del ruolo di tutti i suoi partecipanti. Ma, a differenza dei maestri del “gotico internazionale”, che a volte perdevano il loro senso delle proporzioni nel processo di inventare nuovi e nuovi dettagli, progettati per occupare l’immaginazione dello spettatore, Giotto non perse mai di vista la cosa principale, subordinando rigidamente tutto il resto a lui.
Un esempio è l’immagine di un portico a tre campate di fronte all’ingresso del tempio. Non solo migliora il carattere spaziale della scena, ma anche, grazie al ritmo delle sue campate arcuate, si correla chiaramente con l’ordine in cui le figure sono poste in primo piano, enfatizzando ulteriormente la posizione centrale della figura di Cristo.
E il piccolo pulpito di predicazione adiacente alla parete esterna del tempio attira la nostra attenzione su un gruppo di farisei e sacerdoti che si stavano ammassando a una certa distanza, proprio in questo momento, secondo il testo evangelico, e tramando le loro macchinazioni contro Gesù Cristo.