Il frangivento è stato scritto nel 1888.
L’azione drammatica si svolge come se sul palco. Gli abeti rossi caduti creano un modello complesso di movimento. I verticali intersecano le linee oblique.
Ceppi sradicati coperti di muschio, rami aguzzi che spuntano in un ritmo rigoroso, rami spezzati creano una composizione complessa, caratterizzata da contrasti di luce e ombra. Un tacco cupo si alza minacciosamente sopra il caos della foresta che regna sulla radura alleggerita con un flusso paludoso.
I tronchi sono voluminosi, resistenti, scultorei espressivi. Il colore varia dai netti contrasti alle migliori transizioni tonali. Shishkin mostrò un’immagine espressiva della distruzione della foresta, della lotta per la vita e della morte, delle forze visibili e nascoste della natura. Non c’è dubbio che l’artista abbia fatto ricorso all’immagine diretta, ma anche se provoca associazioni, sembra allegoria.
Il superamento di un singolo significato pittorico è una proprietà di ogni grande arte.
Il “frangivento” è pieno di espressione, racchiuso nell’esposizione, nella figura, nella luce e nell’ombra, nel ritmo. Di solito, l’espressione di Shishkin non è peculiare, ed eccola qui – la prova dell’ampiezza delle sue possibilità pittoriche e plastiche.
Nonostante il fatto che la foresta sia paragonata a un gigante sconfitto, l’artista segue rigorosamente l’impressione naturale nel descrivere abeti elastici a canna liscia. Ma è la naturalezza nel descrivere tronchi durevoli che crea un secondo piano di valori che rinforza la trama con un significato speciale, una sorta di sottotesto.