Questa scena del ciclo di dipinti murali dell’Arena del Arena conferma l’opinione consolidata secondo cui i principi della stilistica pittorica di Giotto, generalmente intesi a massimizzare la probabilità delle immagini di ciò che sta accadendo, si manifestano per lo meno nelle scene subordinate alle norme incrollabili dell’iconografia canonica.
Basta guardare la figura di Cristo nascosta in vita: è mostrata, per così dire, al di fuori dell’azione delle leggi della rifrazione ottica delle linee di un oggetto sommerso. D’altra parte, Giotto, che si è distinto per la sua osservazione estremamente acuta, qui sembrava “non notare” di proposito le discrepanze tra la superficie del torrente e la costa, che, con un tale aumento del livello dell’acqua, sarebbero inevitabilmente allagate.
Tuttavia, in questa scena è possibile notare i segni di un modo Djott unico, in particolare la capacità in tutte le situazioni di individuare la cosa principale nella foto. I contorni di due rocce posizionate simmetricamente sullo sfondo, le cui linee sono ulteriormente evidenziate contrastando la loro superficie di luce con uno sfondo blu intenso, conducono la nostra visione alla figura di Gesù Cristo al centro della composizione. La sua posizione dominante è anche enfatizzata dal fatto che è per lui che le visioni di tutti i partecipanti al sacramento sono dirette e la superficie liscia dell’acqua serve come una sorta di pausa ottica che separa Cristo e il resto dei personaggi della scena.